Brexit la fuga di EasyJet

Brexit la fuga di EasyJet

In fuga dal Regno Unito per rifugiarsi in Europa, questo il piano di molte società con sede a Londra dopo la vittoria del fronte del “Leave” che ha decretato l’uscita dall’Unione Europea dei britannici.

Easyjet la compagnia aerea britannica low-cost si è già mossa per ottenere un certificato vettore aereo in un’altra nazione dell’Unione Europea in maniera tale da continuare a volare senza problemi nei cieli britannici ed europei:Dovrà consentire a Easyjet di volare in tutta Europa come facciamo oggi”.

Nella nota rilasciata dalla stessa compagnia aerea britannica Easyjet, si afferma che:EasyJet sta facendo pressione il governo del Regno Unito e l’Unione europea per garantirsi la possibilità di continuare a operare in un mercato pienamente liberalizzato e deregolamentato nel Regno Unito e in Europa come oggi. Come parte della pianificazione di emergenza di EasyJet prima del referendum ha avuto contatti informali con un certo numero di autorità regolatorie aeronautiche europee per ottenere un certificato di operare aeronautico un in un paese dell’Unione Europea per consentire a EasyJet di volare in tutta Europa come oggi”.

Nessun trasferimento del quartier generale di Esayjet da Luton:Fino a quando le conseguenze dei negoziati tra il Regno Unito e l’Unione europea non saranno più chiare, easyJet non ritiene di dover adottare cambiamenti strutturali o operativi. Non abbiamo in programma di spostarci da Luton  la nostra casa da 20 anni”.

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Easyjet non è l’unica società a pensare di abbandonare Londra e il Regno Unito per l’Unione Europea, infatti, alla vigilia del referendum sul Brexit i numeri uno di molte importanti società come Hsbc, Jp Morgan, Goldman Sachs, Morgan Stanley, Citigroup, Deutsche Bank e altre società hanno ipotizzato la delocalizzazione in diverse città europee (Dublino, Francoforte, Milano e Parigi). Ovviamente ancora nulla è definitivo, perché in molti sono in attesa di scoprire i dettagli dei negoziati tra il Regno Unito e l’Unione Europea.

Anche il settore automobilistico è in fibrillazione. La Toyota e la Nissan hanno annunciato un temporaneo “rallentamento” della produzione sul territorio britannico. Ricordiamo che la Toyota e la Nissan producono 700mila esemplari all’anno.

Lo stesso Ministero del Tesoro britannico ha fatto una stima del dopo-Brexit, pubblicata a fine maggio dove si prospetta un calo del Pil nazionale britannico di circa il 6% che equivale alla perdita di oltre 800mila posti lavori.

Alla fine in molti vogliono rientrare dalla finestra della casa comune dell’Unione Europea.

Fonte: Huffington Post Italia

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