L’ideologia nazista considerava i gay dei degenerati, dei criminali e nemici del popolo tedesco e del Terzo Reich, quindi dovevano essere soppressi
Negli Anni ’20 del XX Secolo, la Germania era considerata una delle nazioni europee più avanzate in fatto di diritti civili e cultura LGBTQ. Infatti, a Berlino – e in altre maggiori città tedesche – esistevano locali, organizzazioni e movimenti che rivendicavano la libertà e la dignità dei gay. E il famigerato Paragrafo 175 del Codice Penale tedesco – che proibiva i rapporti tra persone dello stesso sesso – era per così dire applicato in maniera più tollerante.
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La Germania di quel periodo era un vero paradiso per i gay ma nel giro di qualche anno si trasformò in un inferno sulla terra.
Il 1933 segna l’ascesa al potere del Partito Nazista e di Adolf Hitler e con essa l’inizio della fine per i cittadini tedeschi gay. Infatti, il regime nazista considerava l’omosessualità, una deviazione contraria alla natura e alla stessa razza ariana, oltre a vederla come una minaccia alla fertilità e alla purezza del Terzo Reich.
Il nazismo – per giustificare questo genocidio – prese ispirazione dalle teorie pseudo-scientifiche della eugenetica e della biopolitica che indicavano l’eliminazione di tutte quelle persone considerate indesiderate dalla società, quindi anche i gay.
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I primi nella lista degli indesiderati furono i malati di mente, i disabili gravi e anche i bambini ritenuti troppo poco inclini al rispetto della nuova società nazista che tra l’altro la maggioranza di questi ragazzini era solo iperattiva. E poi fu il turno dei gay.
Il Terzo Reich ordinò la chiusura immediata (e in molti casi la distruzione) dei locali gay, delle riviste, dei movimenti e organizzazioni a sostegno della lotta gay. I vari leader e attivisti furono imprigionati oppure uccisi.
In seguito, il regime nazista inasprì – nel 1935 – il Paragrafo 175 del Codice Penale, rendendo punibile anche i semplici gesti o parole di affetto tra uomini.
Secondo le stime tra il 1933 e il 1939, circa 50mila cittadini gay furono condannati per la violazione del Paragrafo 175 del Codice Penale, e molti di essi finirono in prigione o nei campi di lavoro.
Il peggioramento della situazione dei cittadini gay nella Germania nazista è datato 1939, con lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale. Da quel momento, il regime nazista intensificò lo sterminio – nei campi di sterminio – dei gruppi considerati inferiori o nemici del Terzo Reich: omosessuali, rom, dissidenti politici come i membri del Partito Comunista Tedesco, i preti cattolici e protestanti, i testimoni di Geova ed ebrei.
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I cittadini gay prima furono costretti a indossare il triangolo rosa rovesciato come riconoscimento del loro status e poi – durante la Seconda Guerra Mondiale – furono deportati nei campi di concentramento, dove furono sottoposti a condizione disumane, a lavori forzati, a violenze e umiliazioni e anche a esperimenti pseudo-medici con l’obiettivo di trasformarli in eterosessuali. Molti di loro decidevano di suicidarsi pur di non soffrire più.
E al loro interno, i gay erano suddivisi nelle categorie dei ‘reversibili’ e di quelli ‘irreversibili’.
Tra il 1929 e il 1945 furono deportati nei campi di sterminio (esempio Sachsenhausen, Dachau, Buchenwald, Auschwitz e Mauthausen) tra i 10mila e i 15mila cittadini gay e solo il 40% riuscì a sopravvivere.
Una volta terminata la guerra e liberati dai campi di sterminio, i gay dovevano sparire anche dall’elenco delle vittime del Terzo Reich: Non essendo delle vittime, non poterono ricevere nessun risarcimento o riabilitazione, ed essendo ancora in vigore il Paragrafo 175 del Codice Penale, furono nuovamente processati e condannati al carcere, cancellando gli anni trascorsi nei campi di sterminio.
Lo sterminio dei gay da parte della Germania nazista di Adolf Hitler emerse negli Anni ’70 con la nascita del Movimento di Liberazione Omosessuale. Da quel momento furono eretti monumenti e lapidi in ricordo delle vittime gay ma solo nel 2002 il Parlamento tedesco approvò una Legge che annullava le condanne dei cittadini gay basate sul Paragrafo 175, e nel 2017 ci furono le scuse (anche se tardive) da parte del Governo di Berlino all’intera comunità LGBTQ tedesca, offrendo un’indennità ai sopravvissuti dell’Omocausto.
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1935 – 1950 resta in vigore il Paragrafo 175 nazista
1950 – 1968 in vigore la vecchia versione del Paragrafo 175
1968 – 1989 il Paragrafo 175 è limitato a particolari casi
Abrogato definitivamente nel 1989.
Germania dell’Ovest:
1935 – 1969 in vigore il Paragrafo 175 nazista
1969 – 1973 attuato solo in determinati casi
1973 – 1994 ulteriore attenuazione del Paragrafo 175
Abrogato definitivamente nel 1994.