Il caso Tamburini e l’eutanasia

L’eutanasia è ancora vista come un tabù nel nostro Paese. Un discorso che non deve essere affrontato, anche a causa dell’interesse del Vaticano a non far approvare una legge che preveda la libertà di scelta su come morire.

Il signor Tiziano Tamburini (99 anni) uno dei pochi reduci della disastrosa Campagna di Russia durante la Seconda Guerra Mondiale, scampato anche al bombardamento di Santo Stefano nel 1943, si domanda:Perché no alla indolore eutanasia?”.

Un lettera scritta dallo stesso signor Tiziano Tamburini in cui dichiara in maniera lucida e determinata di ricorrere nel caso alla pratica dell’eutanasia, anche “Perché non posso essere padrone della mia vita?”.

Purtroppo in Italia, nessuno di noi può essere padrone della propria vita a causa di una legge che disciplini la pratica dell’eutanasia.

Negli ultimi anni, molte associazioni per i diritti civili sono scese in campo per chiedere a gran voce al Governo di turno di discutere e approvare la legge sulla libertà di scelta su come morire, ma quelle voci sono sempre state ignorate, anche per “colpa” della Chiesa Cattolica e dello stesso Vaticano che pur essendo una Nazione straniera, non ha perso il vizio di immischiarsi nella politica dell’Italia, basta vedere anche la battaglia che sta portando avanti per impedire il riconoscimento delle unioni civili gay.

Il signor Tiziano Tamburini è ancora in perfette condizioni fisiche, con una famiglia che lo accudisce e lo segue e con la quale ha condiviso la riflessione sulla morte e sull’eutanasia, ma dentro di lui sente avvicinarsi la fine della sua autosufficienza.

Una condizione che non vuole accettare. Il signor Tamburini non si vede e non si vuole vedere confinato in un letto, alimentato da tubi o altro, lui che ancora oggi all’età di 99 anni va ogni mattina a passeggio del centro per rientrare a casa sul tardo pomeriggio e si chiede: “Perché devo buttarmi sotto un treno se ci sono mezzi indolori?”.

Tiziano Tamburini
Tiziano Tamburini

Questa domanda riporta alla luce il caso del regista Monicelli suicidatosi il 29 novembre 2010, gettandosi dalla finestra dell’ospedale San Giovanni a Roma e le dichiarazioni del produttore Aurelio De Laurentis chiariscono maggiormente quel drammatico gesto del regista:Quello che è successo mi ha lasciato estremamente basito. Io che lo conoscevo profondamente e sapevo della sua grande dignità e del suo desiderio di essere sempre indipendente e autonomo, posso capire questo gesto. Ultimamente aveva perso anche la vista ma fino all’ultimo era stato capace di una deambulazione perfetta. Insomma una persona sana che non tollerava l’idea di poter dipendere da qualcuno”.

E se avesse potuto scegliere, forse avrebbe optato per una fine meno cruenta e dolorosa.

Di seguito la lettera appello del signor Tiziano Tamburini:

Fino da piccolo, dopo aver vissuto il periodo di miseria di allora ed avere visto i notevoli sacrifici dei miei genitori per portare avanti la famiglia, maturava in me il pensiero di fare tutto il possibile per evitare difficoltà economiche in età avanzata. Ovviamente chi pensava all’enorme trasformazione del mondo. Ma in me quel pensiero è rimasto fisso nella mia memoria. Dopo la licenza elementare, nonostante la contrarietà di mio padre, volli smettere di andare a scuola, e cercare lavoro per aiutare la famiglia. Feci il fabbro, il ragazzo di fatica in una piccola attività commerciale, ma poi purtroppo, arrivò la chiamata alle armi, la quale mi rubò gli anni più belli. Esattamente sei e mezzo, dal 15 marzo 1938 al 10 settembre 1944. Ripresi gli abiti borghesi, cercai nuovamente lavoro. Feci l’operaio in vetreria, dopo l’assicuratore, l’impiegato, il commerciante ed infine il rappresentante di commercio che ritenni finalmente il più adatto alle mie aspirazioni e che feci con tanta passione per oltre 38 anni, ricevendo da essa sufficienti profitti. Fatta questa lunga premessa, arriviamo come si suol dire, al nocciolo della questione. I miei 99 anni sono ormai dietro le spalle e nonostante questa longeva età, l’autosufficienza non mi manca. Sono fortunato, lo so. Ma vivo ugualmente nel terrore perché so anche che dietro l’angolo, la fine della mia autosufficienza, è lì che inesorabile mi aspetta. Questa triste nuova situazione che verrà, non mi sento proprio di accettarla. L’aver bisogno dell’aiuto degli altri per vivere mi crea notevole sconforto e dolore. E allora come fare per porre fine a questa sofferenza? I mezzi ci sarebbero ma a me manca la forza e il coraggio per attuarli. Non capisco proprio perché in questa benedetta Italia non sia permesso l’uso della eutanasia che sarebbe la cosa migliore per non soffrire più e anche il mio desiderio. Le poche umane leggi in vigore su questo argomento impongono invece che questa sofferenza continui fino all’ultimo istante della vita. Perché non devo essere io padrone di me stesso? Perché devono essere gli altri a decidere su di me? Per la mancanza di autosufficienza, la mia veneranda età non ha più ragione di continuare, e vorrei, come ho già detto, porre fine alla mia esistenza. Io, che nel tempo vengo da lontano quando usava il buon costume, la fratellanza e la gente viveva felice senza tante pretese, assistere ora allo sconsiderato uso della peggiore violenza, alla corruzione dilagante, alla sete del denaro, all’uso sempre maggiore della droga, mi dimostrano in abbondanza che questo non è più il mio mondo”.

Ognuno di noi dovrebbe essere libero di decidere come andarsene e per farlo, basterebbe un Governo e un Parlamento eletto e pagato con i nostri soldi capace di staccarsi dalle sottane dei preti per approvare una legge sulla pratica dell’eutanasia.

Fonte: Google News; Il Tirreno; Corriere della Sera.

                                   

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