Orlando. Il sangue gay vietato per salvare
Dopo la strage di Orlando, i cittadini statunitensi si sono messi in fila per donare il sangue per i feriti del locale gay Pulse ma non i gay. Negli Stati Uniti d’America le donazioni di sangue da persone gay non sono bene accette.
La Food and Drug Administration precisa che le donazioni di sangue da persone gay e che hanno avuto rapporti sessuali non sono bene accette salvo che non si è praticato 1 anno di totale astinenza sessuale.
L’attivista Lgbt John Paul Brammer ha denunciato questa situazione a dir poco pazzesca: “Ci sentiamo impotenti. E’ un oltraggio che il nostro sangue possa essere versato, ma non donato”.
Divieto basato sul pregiudizio che su basi scientifiche come spiegato al quotidiano La Repubblica Stefano Vella (Esperto di Aids presso l’Istituto Superiore di Sanità italiana).
Il divieto di donazione del sangue da parte dei cittadini statunitensi gay risale al 1983 durante l’emergenza Aids quando la Food and Drug Administration decretò il divieto a vita ai gay e solo un anno fa (Dopo le pressioni partite dalla società civile) sono state alleggerite le restrizioni in fatto di donazione del sangue.
Adesso i cittadini statunitensi gay e bisex possono donare il sangue a condizione di essersi astenuti per 1 anno da rapporti sessuali con altre persone.
Quello che è evidente è la discriminazione nei confronti dei cittadini statunitensi gay, considerati inadatti alla donazione in quanto ritenuti promiscui a livello sessuale mentre per un cittadino etero libertino con diversi rapporti non protetti è più semplice poter donare il sangue.
Oltre agli Stati Uniti d’America anche l’ Australia e il Regno Unito hanno adottato misure restrittive nei confronti delle donazioni di sangue da parte di cittadini gay e bisex.
David Stacy dell’Associazione Human Rights Campaign afferma che: “Alleggerire il divieto è stato già qualcosa, ma continua a non essere la soluzione ideale perché stigmatizza i gay e i bisex, la scienza non giustifica questa discriminazione” pensiero condiviso dalle altre associazioni che si occupano di diritti civili.
John Paul Brammer lancia attraverso il quotidiano statunitense The guaridan, un appello contro questa discriminazione nei confronti dei donatori di sangue gay e bisex: “Noi, che celebriamo il Pride in questi giorni tragici, non dovremmo dimenticarci le nostre radici. Il nostro Orgoglio è anzitutto la celebrazione della nostra resistenza, dell’audacia di esistere. Perciò, ancora, dobbiamo resistere. E, ancora, abbiamo tante battaglie da combattere” e anche “La policy sulle donazioni, che è datata ed è un simbolo di oppressione, deve finire. Voglio un futuro in cui poter essere solidale”.
E nel nostro Paese cosa prevede la legislatura? Nessun tipo di vincolo. Ecco quanto detto da Stefano Vella (Esperto di Aids presso l’Istituto Superiore di Sanità Italiana): “In Italia questo vincolo non c’è, né per il sangue né per i trapianti. Non esistono categorie a rischio ma comportamenti a rischio, e valgono a prescindere dall’orientamento sessuale. Confermo che il problema non è essere omosex o etero, visto che non esistono basi scientifiche per dire che un particolare orientamento sessuale sia più promiscuo di altri. In poche parole, non è la scienza a dare alibi a queste discriminazioni. Le restrizioni praticate in America hanno origini puramente politiche, sono basate sul pregiudizio che un gay sia più promiscuo. Ma non è la scienza a dirlo. È la politica, è il residuo di un pregiudizio che risale all’epoca dell’epidemia di Aids. Ma oggi l’Aids colpisce al 90% gli etero, i pregiudizi sono un errore clamoroso”.
Fonte: La Repubblica