La Giornata internazionale contro l’omofobia, la bifobia e la transfobia si celebra il 17 maggio di ogni anno e si tratta di una ricorrenza dell’Unione Europea. Questa iniziativa fu ideata dal curatore del Dictionnaire de l’homophobie Louis-Georges Tin con la prima giornata internazionale celebrata nel 2005, proprio a 20 anni di distanza dalla cancellazione dell’omosessualità dalla lista delle malattie mentali da parte dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS).
Solo nel 2007 l’Unione Europea istituì ufficialmente la giornata contro l’omofobia su tutto il territorio dell’Unione in seguito alle dichiarazioni omofobe rilasciate dalle autorità polacche e nel 2009, la campagna di sensibilizzazione fu incentrata sulla trasfobia e contro la violenza alle persone transgender, modificando il nome ufficiale in “Giornata Internazionale contro l’omofobia e la transfobia” (International Day Against Homophobia and Transphobia).
Di seguito alcuni passi della dichiarazione:
Art.8: << Il Parlamento europeo […] ribadisce il suo invito a tutti gli Stati membri a proporre leggi che superino le discriminazioni subite da coppie dello stesso sesso e chiede alla Commissione di presentare proposte per garantire che il principio del riconoscimento reciproco sia applicato anche in questo settore al fine di garantire la libertà di circolazione per tutte le persone nell’Unione europea senza discriminazioni>>;
Art.10: << […] condanna i commenti discriminatori formulati da dirigenti politici e religiosi nei confronti degli omosessuali, in quanto alimentano l’odio e la violenza, anche se ritirati in un secondo tempo, e chiede alle gerarchie delle rispettive organizzazioni di condannarli>>.
Esistono Nazioni omofobe come ad esempio la Russia, l’Iran ma in Africa (Dove l’omosessualità è paragonata al terrorismo) essere gay è considerato un reato punibile con il carcere o in casi estremi con la condanna a morte come nei territori occupati dal gruppo terroristico islamico denominato ISIS.
“Devi essere una donna vera, mi dicevano” queste le parole di una donna violentata da quattro uomini in Uganda solo per essere lesbica.
Il quotidiano britannico “Daily Mail” riporta il drammatico atto di violenza ai danni di una donna lesbica che per motivi di sicurezza ha voluto mantenere l’anonimato, rimasta incinta da uno dei suoi stessi violentatori. La sua relazione sentimentale con la sua compagna era mantenuta segreta a causa delle leggi anti gay dell’Uganda ma purtroppo qualcuno ne è venuto a conoscenza e ha pensato di riportarla sulla retta via e “punirla”. Aggredita, insultata, picchiata e violentata ripetutamente da un gruppo di quattro uomini.
Dopo le violenze sessuali, scoprì di essere incinta di uno dei suoi aguzzini ma anche dopo tutto quello subito ha deciso di proseguire la gravidanza e tenere il bambino: “Ero disgustata da tutto e da tutti, ma ho deciso di portare a termine la gravidanza e ho sempre considerato mio figlio un dono divino”.
La giornalista Isobel Yeung si è recentemente recata in Uganda per un servizio televisivo riguardante la propaganda anti-gay che si sta diffondendo nello Stato africano, incontrando non solo la donna lesbica violentata ma anche il gruppo di “uomini” che con molto orgoglio rivendicano la violenza nei confronti della donna “colpevole” di non essere una “donna vera”.
L’Uganda è famosa per aver approvato nel 2013 una legge che rendeva l’omosessualità (Già illegale) punibile con l’ergastolo o con la pena capitale e dopo che le Nazioni occidentali hanno protestato, la legge è stata annullata ma i “solerti” funzionari ugandesi stanno lavorando per reintrodurre una legislazione simile alla precedente.
La donna vive nella periferia di Kambala, e dopo la legge contro l’omosessualità lei e la sua compagna hanno fatto di tutto per tenere nascosta la loro relazione, incontrandosi dopo il tramonto per non far sorgere dei sospetti. Figlia di un prete che appena scoperto che era omosessuale l’ha mandata via di casa.
Una notte sulla via del rientro ha incontrato quattro uomini che con fare sicuro l’hanno bloccata affermando che conoscevano il suo segreto. “Devi essere una vera donna…” questa la frase che le hanno rivolto prima di violentarla sessualmente e minacciarla di morte nel caso si fosse decisa a denunciare la violenza.
Scoperta la gravidanza, ha spinto la sua compagna a lasciarla e al tempo stesso a non abortire e crescere con amore il bambino concepito da una violenza.
Alla domanda della giornalista se un giorno racconterà la verità al proprio figlio, la donna ha risposto in maniera negativa: “E se mi respinge?”.
Durante quest’inchiesta la giornalista ha incontrato altri gay che hanno raccontato le loro esperienze di violenza fisica e verbale subite solo per il loro orientamento sessuale e anche il gruppo di uomini colpevoli di aver violentato non solo quella donna ma anche altre solo perché lesbiche. Addirittura un uomo ha dichiarato alla giornalista di aver violentato 100 donne lesbiche con lo scopo di insegnarle a essere delle vere donne. Un clima di terrore perenne per gli omosessuali se un uomo per descrivere la cultura del suo Paese ha affermato con tranquillità: “La prima cosa che odio è l’omosessualità”.
Lo Stato dell’Uganda fomenta l’odio e la paura dell’omosessualità finanziando e permettendo la diffusione di messaggi omofobi nelle scuole finanziate dallo stesso governo e nelle chiese da parte dei fondamentalisti cristiani.
Sin dalla più tenera età, ai bambini è insegnato a temere e odiare l’omosessualità divulgando false credenze come quella che i gay sono puniti con il cancro e l’AIDS per i loro peccati nei confronti di Dio o con immagini grafiche per rappresentare agli studenti la pratica del “Fisting” e del sesso anale ma quello che sconcerta maggiormente è che i giovani che gli anziani credono sia la realtà.
Come affermava il Ministro della Propaganda Nazista Joseph Goebbels: “Ripetete una bugia cento, mille, un milione di volte e diventerà una verità”.
Una lezione che il governo dell’Uganda ha imparato molto bene come l’odio nei confronti delle persone LGBT.
Fonte: Il Giornale; Daily Mail; Wikipedia;