Il 27 gennaio 1945, l’Armata Rossa apriva i cancelli del campo di concentramento di Auschwitz, liberando i sopravvissuti del regime nazista, tra cui molti omosessuali
Berlino, prima della guerra, era conosciuta per il suo vivace ambiente gay, infatti ospitava numerosi bar, club e organizzazioni che promuovevano i diritti degli omosessuali. Tuttavia, sotto il nazismo, gli omosessuali furono condannati a morte nei campi di sterminio.
E la “Notte dei Lunghi Coltelli” può essere considerata il pogrom della comunità omosessuale come la “Notte dei Cristalli” fu per la comunità ebraica.
Epurazione ordinata da Hitler ai danni di Ernst Röhm.
Ernst Röhm, capo delle SA, era l’unico tra i suoi più stretti collaboratori a darli del “tu” ed era omosessuale dichiarato. E non ne faceva un mistero. Nel 1925 il quotidiano ufficiale del Partito Socialdemocratico di Germania, il Vorwärts, pubblicò diverse lettere d’amore scritte dallo stesso Ernst Röhm ad altri comandanti delle SA con l’intento di screditare il Partito Nazista. Nel 1930, dopo alcune divergenze con Hitler, partì per la Bolivia, arruolandosi con il grado di tenente colonnello nell’esercito locale come istruttore militare. Rientrerà in Germania nel 1930, su invito dello stesso Hitler, per riformare le SA.
Tuttavia, Hitler tollerava l’omosessualità del suo compagno di partito per un suo tornaconto politico e personale, e nel 1933 Ernst Röhm fu nominato Reichsleiter dal Fuhrer. Una carica affidata da Adolf Hitler ai suoi più stretti collaboratori. Röhm fu difeso da Hitler dagli attacchi interni al Partito Nazista da parte della corrente estremista che considerava l’omosessualità di Röhm come una violazione delle norme interne omofobe del Partito Nazista.
Una volta giunto al potere, Hitler decise che le SA avrebbero dovuto essere ridimensionate e tenute sotto il suo controllo, mentre Ernst Röhm riteneva che sarebbero dovute essere le SA a governare la Germania.
L’epurazione delle SA avvenne la notte fra il 30 giugno e il 1° luglio del 1934 per mano delle SS e della Gestapo, su ordine diretto di Adolf Hitler. Il pretesto utilizzato fu l’omosessualità del suo ex compagno di Partito.
Da quel momento, la vita della comunità gay nel Terzo Reich divenne un inferno.
Il Fuhrer incluse la categoria degli omosessuali tra chi doveva essere eliminato nei campi di sterminio per mantenere intatta la “purezza” della razza ariana. Uno degli artefici dell’omocausto fu il capo delle SS, Heinrich Himmler.
Il triangolo rosa divenne il simbolo di riconoscimento degli omosessuali all’interno dei campi di concentramento. Molti prigionieri omosessuali furono sottoposti a brutali esperimenti pseudo-scientifici per scoprire l’inesistente “gene dell’omosessualità”, a torture e lavori forzati.
Secondo i dati dell’omocausto, tra il 1933 e il 1945 furono arrestati circa 100.000 uomini gay, di cui circa 50.000 condannati. La maggior parte degli arrestati trascorse il periodo di detenzione in carcere, mentre tra i 5.000 e i 15.000 furono inviati nei campi di concentramento. Non esistono dati certi sul numero di omosessuali morti nell’inferno dei campi di concentramento, ma secondo uno studio di Rüdiger Lautmann, il tasso di mortalità potrebbe essere stato del 60%.
Nonostante la fine della seconda guerra mondiale e la liberazione dei campi di concentramento da parte dell’Armata Rossa, la persecuzione degli omosessuali non terminò immediatamente. In molte nazioni, le leggi contro l’omosessualità rimasero in vigore per decenni e solo recentemente la comunità LGBTQIA ha iniziato a ricevere il riconoscimento e i diritti che merita.