Una barista cristiana ha citato in tribunale Starbucks colpevole di averla licenziata dopo il suo rifiuto a indossare una maglietta per le celebrazioni del Pride
La vicenda è accaduta nello Stato del New Jersey (Stati Uniti d’America) e ha come protagonista Betsy Fresse barista presso la nota catena e fervente cristiana. Secondo la sua versione alla richiesta di indossare la maglietta aziendale dedicata al Pride, si sarebbe rifiutata perché sarebbe: “una contraddizione con le sue convinzioni religiose”.
Negli atti della causa si può leggere che Betsy Fresse crede: “che Dio abbia creato l’uomo e la donna, che il matrimonio sia definito nella Bibbia come tra uomo e una sola donna e che qualsiasi attività sessuale che abbia luogo al dì fuori di questo contesto sia contraria alla sua comprensione dell’insegnamento biblico”.
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Accuse smentite dalla stessa Starbucks che le ritiene ‘prive di ogni fondamento’. La Fresse ha iniziato a lavorare per la multinazionale a Hoboken nel 2018 (New Jersey) e secondo quanto da lei dichiarato, i suoi superiori erano a conoscenza del suo credo religioso. E poi il trasferimento nella sede attuale a Glen Ridge.
Nel mese di giugno 2019, arrivano in filiale le magliette ‘Starbucks Pride’ per festeggiare il mese dell’orgoglio LGBT+ e in quel momento ha chiesto al suo diretto superiore se avrebbe dovuto indossarne una e per tutta riposta ha ricevuto il via libera di non indossarla. Ma la causa legale afferma però che la linea di assistenza per l’etica e la conformità dell’azienda si sarebbe messa in contatto con lei diverse settimane dopo in merito alla questione della maglietta. A quel punto, la Fresse avrebbe chiarito la sua contrarietà dovuta al suo credo religioso. Il 22 agosto 2019 è stata licenziata.
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Starbucks ha dichiarato che i suoi dipendenti avevano libertà di scelta in merito se indossare o no le magliette Pride. Inoltre sostiene che la sua ex dipendente dopo averne ricevuta una, avrebbe rifiutato di indossarla dicendo ai suoi colleghi che ‘avevano bisogno di Gesù’.
La causa contro i suoi datori di lavoro prevede un rimborso con interesse per danni materiali e per ‘dolore emotivo e sofferenza’.
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